Il ciclo PhiloCicala online,  ricominciare e rinascere,  si è aperto con il dialogo di Laura Campanello con Vito Mancuso. Prosegue con tre significativi incontri (a distanza): il primo con Andrea De Pasquale, seguito da Ivan Paterlini e da Giulia Frasca.

Partiamo dalla chiacchierata con Andrea De Pasquale, analista a orientamento filosofico.

Si intitola Trasformare un fatto accaduto in una esperienza elaborata e consapevole. Così lo sintetizza Laura Campanello: la quarantena e il covid19 ci hanno imposto una rottura con il nostro quotidiano noto e hanno fatto emergere paure e incertezze, lutto. Ciò che possiamo fare da ora in avanti è cercare di riconoscere e integrare l’esperienza per non farsene travolgere e per essere soggetti responsabili di fronte a ciò che ci tocca vivere, specie ora che si “riparte”. E questo vale per ogni fatto che ci accade nella vita.

Con Ivan Paterlini, psicologo, psicoterapeuta e analista ad orientamento filosofico, il dialogo si è articolato in tre “tranche”.

Il tema era Integrare la complessità per cambiare noi e l’ambiente intorno a noi. Il covid 19 si nutre della nostra complessità e ci interroga su come la abitiamo. Proviamo a interrogare il virus come se fosse un soggetto da interrogare: cosa ci rivela di noi e del nostro vivere?

Le tematiche emerse dalla chiacchierata con Giulia Frasca, coordinatrice del servizio Hospice per la Caritas di Bolzano, sono state profonde e toccanti.

Si è parlato de La cura del lutto come cura dell’anima. Anche in questo caso ci affidiamo alla sintesi di Laura Campanello:

Immaginate 9 funerali al giorno, 10 persone al massimo e un quarto d’ora a disposizione o provate a vedervi davanti 300 urne in attesa di essere inumate, immaginate decessi consumati in solitudine e riti funebri quasi impossibili o senza conforto.
Cuochi e giardinieri delle scuole precettati a gestire il lavoro dei crematori, operatori cimiteriali sopraffatti dal lavoro incalzante e dalla sofferenza.
“voi non avete idea…” dice la parente dolente…
(…) Merita l’ascolto e merita gratitudine per ciò che loro, insieme a molti altri in altri luoghi hanno “osato” fare