E SE POI PRENDE IL VIZIO?
Alessandra Bortolotti
Il Leone Verde, 2010

“Esistono molti libri sull’accudimento dei bambini, forse troppi. Spesso si presentano come magiche ricette di felicità per genitori e figli: ecco quello che non troverete nel libro che avete fra le mani”. Questo l’esordio del primo ormai più che noto best seller di Alessandra Bortolotti. Ma dunque? Che altro obiettivo potrebbe mai avere un libro rivolto a genitori se non quello di fornire indicazioni che possano guidarli e facilitarli nel loro compito? L’obiettivo di questo libro, obiettivo direi più che centrato, è quello di smontare, uno ad uno, i più noti pregiudizi culturali su nascita, allattamento materno, sonno e bisogno di contatto per “liberare i genitori che compiono scelte di accudimento basate sull’amore incondizionato e sull’importanza della relazione affettiva”.
La società occidentale è solita catalogare i naturali comportamenti dei bambini come “vizi”. Ed ecco che il bambino che ricerca il contatto fisico col genitore, che ha frequenti risvegli notturni, che superati i sei mesi di vita non vuole saperne di abbandonare il seno materno, che esprime le proprie emozioni senza autocontrollo, viene accusato immediatamente di essere “viziato”. Il bambino “normale”, il bambino “bravo” così come viene presentato da libri, riviste, format televisivi e dalla moltitudine degli esperti, è in grado di dormire nella sua culletta in una stanza lontana da quella dei genitori sin dai primi giorni di vita. Il bambino “bravo” se ne sta tranquillo nella sua sdraietta, box, girello, passeggino senza disturbare il genitore con la pretesa di essere preso in braccio e coccolato. Il bambino “bravo” beve il latte della mamma, ma mai in pubblico e mai oltre una certa età. Il bambino “bravo” non piange e non urla. Questa l’immagine del bambino “così come dovrebbe essere” con cui vengono bombardate quotidianamente schiere di genitori sempre più preoccupati. E così non resta che rivolgersi all’esperto di turno che non fa altro che confermare ai genitori la loro sensazione di aver fallito, la loro sensazione di star crescendo figli “malati” che vanno corretti e “adultizzati” il prima possibile.
Ma tali pretese sono lecite? Assolutamente no, ci dimostra la Bortolotti, documentando le proprie affermazioni, capitolo dopo capitolo, attraverso una considerevole quantità di studi scientifici a riguardo. Proprio questo, a mio avviso, è il grande pregio di questo libro: l’autrice non indugia in una smielata ed emotiva difesa dei diritti del bambino oppresso da una società adultocentrica, ma documenta in modo chiaro, lucido e razionale ogni affermazione attraverso il ricorso alla letteratura scientifica basata sulla fisiologia. E alla luce delle evidenze scientifiche, i pregiudizi culturali si smontano da soli. Tutti quei comportamenti che nella nostra società vengono catalogati come “vizi”, in realtà sono bisogni oggettivi e universali, “pensati” dalla natura per garantire la sopravvivenza della specie. Il bisogno primario del cucciolo d’uomo è il contatto fisico. “L’approccio alla genitorialità basata sul contatto fisico col bambino è quello che ha caratterizzato tutta la storia dell’uomo (…) E’ lo stile di accudimento tipico dei mammiferi e quindi quello più fisiologico e adatto alla crescita anche del cucciolo d’uomo”. Il mancato soddisfacimento di questo bisogno primario, ci suggerisce la fisiologia, comporta serie conseguenze per lo sviluppo fisico e affettivo dell’essere umano.
Ma qual è la causa di tali pregiudizi? Per quale motivo assecondare le necessità affettive dei bambini dovrebbe equivalere a “viziarli”? Perché “viviamo in una società che impone tempi e spazi basati sulla logica della produttività e del consumismo e non si cura a sufficienza di proteggere lo sviluppo affettivo dei più piccoli. I nostri figli vivono in un mondo adultocentrico (…) che pretende che diventino subito autonomi, grandi e indipendenti, che non disturbino (…).
Questo libro è dunque un invito rivolto ai genitori a “leggere” il proprio bambino, a fidarsi di lui, dei segnali che invia, dei bisogni che esprime e a fidarsi delle competenze che la natura stessa ha fornito a ciascuno per prendersi cura del proprio cucciolo. “Le uniche norme da seguire sono quelle dettate dalla fisiologia e dal rispetto della relazione fra genitori e figli”.
E’ altresì un invito rivolto agli esperti ad astenersi dal divulgare teorie basate su pregiudizi culturali in alcun modo supportati dalle evidenze scientifiche. Il lavoro più sensato e utile che “gli addetti ai lavori” possano fare è quello di occuparsi di “empowerment”, quello cioè di riconoscere e far riconoscere a ciascun genitore il fatto che possiede competenze straordinarie e che è in grado di trovare autonomamente le soluzioni per poter crescere figli affettivamente sani.
Consiglierei, dunque, questo libro sia a tutti coloro che operano in ambito perinatale sia ai genitori. Un libro molto molto interessante per gli operatori in quanto, appunto, corredato da continui riferimenti alla letteratura scientifica. Un testo esaltante, commovente, liberatorio, rassicurante per tutti quei neogenitori “rivoluzionari” che hanno scelto di crescere insieme ai propri figli mettendone al primo posto le necessità affettive e superando dunque le pressioni dei pregiudizi della società in cui vivono. In questo testo possono trovare conferme scientifiche alle proprie intuizioni.