IL FAVOLOSO LIBRO DI PERLE
Timothée de Fombelle, trad. Maria Bastanzetti
Mondadori, 2015

Ho letto questo libro in francese nello scorso autunno, quindi il racconto impulsivo alla sua uscita in Italia è basato sulla storia e sulle suggestioni avute e non propriamente sull’edizione italiana (per altro, la traduzione di Maria Bastanzetti è una garanzia), ma il potere di presa della storia tessuta da de Fombelle è tanto che ho voglia di dirne subito. Sapientemente l’autore intreccia mondo fantastico e mondo reale e lo racconta attraverso la voce di un uomo che ripercorre la vicenda accadutagli anni prima quando, quattordicenne, persosi all’inseguimento di una ragazza, durante un corso di fotografia, si ritrova ferito e accolto da un uomo silenzioso che vive in una casa nel bosco, circondato da valigie.

La storia porta in realtà il lettore in un regno lontano dove un giovane principe, innamorato di una fata e odiato dal proprio fratello, viene spinto dalla gelosia di quest’ultimo a fuggire, cacciato fuori da ogni regno, nella terra in cui non si crede né ai racconti né alle fate: il nostro mondo. Qui accolto dai Perle, coppia di pasticcieri parigini, comincia a lavorare nel loro negozio e ad apprendere i segreti dell’arte, assumendo il nome di Joshua, il figlio che hanno perso. Finisce così nelle maglie della Storia: il mondo precipita nella morsa nazista e arriva la Seconda Guerra Mondiale, il fronte, la prigionia e poi il ritorno. Per tutta la sua vita, Joshua Perle continua a incartare guimauves e a cercare oggetti magici che lo ricolleghino al suo mondo, nel tentativo di ritrovare la possibilità di tornare, ignaro del fatto che la fata innamorata di lui ha rinunciato ai poteri magici per poterlo raggiungere.

Da rimarcare che de Fombelle intesse al racconto una riflessione sulla memoria e una sullo scrivere, sul testimoniare quel che si è vissuto: la ricerca della voce narrante, anche a distanza di anni, si basa su pellicole fotografiche che restituiscono la veridicità di quanto ha visto e gli permettono di riportare su carta la vicenda di chi, per una vita intera, ha cercato la via del ritorno.

Ha giustamente notato Sophie Pilaire su Ricochet che la lievità del mondo fantastico creato da de Fombelle ricorda la scrittura, i mondi e i modi di Pierre Bottero; l’urgenza della storia e alcuni suoi tratti crudi e reali (non si risparmia nulla degli orrori della Storia che Josha incontra) non scalfiscono però la lentezza necessaria ad assaporarla e il fondo in qualche modo sereno che la narrazione nel suo complesso dà, come fosse narrazione di quel che a volte è inevitabile nella vita: che i destini si incrocino, si intreccino, si marchino a fuoco e, nonostante tutto, non si lascino più.

Età di lettura consigliata: 11+

(Recensione tratta dal blog Le letture di Biblioragazzi, a cura di Caterina Ramonda.)