Il Fiore Perduto dello Sciamano di K, firmato dall’ormai affermato Davide Morosinotto, è dunque il terzo capitolo della trilogia dei fiumi, ambientato questa volta in Sud America, lungo le sponde di diversi fiumi, ma fra tutti del Rio delle Amazzoni.

Il Fiore Perduto dello Sciamano di K, Davide Morosinotto, ill. Andrea Guerrieri, Mondadori, 2019

E siamo al numero tre: dopo Il rinomato catalogo Walker & Down e La sfolgorante luce di due stelle rosse, baciati dal successo di pubblico e di critica, il terzo romanzo, appena arrivato in libreria, rappresenta davvero una sfida a mantenere le promesse fatte ai giovani lettori e lettrici, riuscire a imbastire una nuova convincente storia d’avventura.

Il Fiore Perduto dello Sciamano di K, firmato dall’ormai affermato Davide Morosinotto, è dunque il terzo capitolo della trilogia dei fiumi, ambientato questa volta in Sud America, lungo le sponde di diversi fiumi, ma fra tutti del Rio delle Amazzoni.

La storia è ambientata nel 1986 e la scelta della data ha un suo perché: per il particolare momento politico attraversato dal Perù, paese in cui si svolge l’azione, e per la necessità di armare i ragazzi protagonisti della vicenda di pochi, ma significativi, strumenti tecnologici.

In breve, la trama: i personaggi principali sono due, Laila, ragazzina finlandese affetta da una rara malattia degenerativa, e El Rato, ‘il Momento’, un quasi coetaneo che vive nell’ospedale di Lima in cui lei è ricoverata. La diagnosi è impietosa e vede un progressivo deterioramento prima della vista, poi di diverse facoltà mentali. El Rato è un ragazzino con un Grande Segreto e un Grande Sogno, che si interseca con la disperazione di Laila. Basandosi su un quaderno di appunti di un medico passato di lì e mai più tornato da una spedizione nella foresta amazzonica, i due decidono di partire alla ricerca del mitico Fiore Perduto dello sciamano di K, un fiore capace di guarire le malattie più difficili.

I due partono con pochi soldi e una buona dose di incoscienza, senza sapere esattamente cosa li aspetta.

Il percorso è lungo e tortuoso e tocca prima Cuzco e da lì il fiume Urubamba, poi il cuore della foresta amazzonica. Ovviamente, ogni passaggio è ricco di incontri, di amicizie, di colpi di scena; ritroviamo Viktor, qui diventato un riottoso guerrigliero, protagonista del romanzo precedente; fino a quando non si arriva al cuore magico di questa narrazione: l’universo del pensiero sciamanico e il fragile equilibrio fra la vita e la morte.

Non dico di più sulla trama, che merita la dovuta ignoranza per essere apprezzata nei suoi meccanismi narrativi e nelle sue continue sorprese.

A questo punto vorrei, invece, fare alcune osservazioni: ad un livello più superficiale, di questo romanzo si apprezza l’accurata ricerca bibliografica, ed è cosa rara; la cura grafica dell’impaginazione con alcune trovate interessanti che esplicitano il contenuto del testo. Ancora una volta è un romanzo corale, con i singoli capitoli narrati in prima persona da un personaggio di volta in volta diverso. Niente è casuale ed è necessario porre la dovuta attenzione ai dettagli: ciascun personaggio è contrassegnato da un animale e solo alla fine si capisce perché ed è questo che fa scorrere un sottotesto, una storia parallela, scritta sulle pagine nere, che parla di un’altra realtà. La dovuta attenzione va rivolta al senso della suddivisione in tre parti e ai personaggi che ivi compaiono.

A un livello diverso si pone, dunque, il rapporto fra magia e realtà; Morosinotto riesce a rendere credibile questa scissione in livelli di realtà paralleli, di cui uno popolato di spiriti, che nel romanzo sono presenti fin dall’inizio. Ho apprezzato la sospensione di giudizio come unica condizione per rendere credibile una storia per il resto di un realismo impressionante, piena com’è di dettagli di una precisione quasi maniacale. E ho apprezzato ancor di più la delicatezza con cui si affronta un tema di per sé così ‘pesante’ come quello delle malattie incurabili. Una scelta coraggiosa, che porta a un finale che non è inutilmente salvifico.

Se, dunque, Il Fiore Perduto dello Sciamano di K è indiscutibilmente un romanzo di avventura meticolosamente costruito, è anche a tutti gli effetti un romanzo di formazione che non concede nulla alle facili emozioni, al contrario è un interessante terreno di confronto con i più giovani su temi di grande spessore.

Se volete sapere se mi è piaciuto, sì, senza dubbio; direi quasi di più del Rinomato catalogo, ed è già tanto.

Età di lettura consigliata: 12+

Recensione a cura di Eleonora Rizzoni, tratta dal blog Lettura candita.