IL MAIALIBRO
Anthony Browne
Kalandraka, 2013

Poveri maiali! Vituperati mai come di questi tempi. Portati ad esempio di egoismo e cattivi comportamenti. Non nego che il pensiero che il “trionfale” ritorno tra le pagine degli albi illustrati del maiale sia dovuto all’impazzare di Peppa Pig sugli schermi e tra gli scaffali delle librerie mi abbia sfiorata. Piccola parentesi che nulla ha a che fare con l’albo che vado a recensire: Peppa Pig a mio parere è un prodotto di tutto rispetto con contenuti semplici, affini alla sensibilità dei bambini, privo di orpelli e affatto inneggiante a stereotipi consumistici. Che poi la RAI e, a ruota, le case editrici da libreria o edicola, la somministrino per ore ed ore e in tutte le salse (adesso anche in lingua originale) ai bambini è un altro problema che si affianca all’incapacità di taluni di arginarlo (non è obbligatorio che i bambini vedano due ore di Peppa o abbiano i suoi libricini). Detto questo torniamo ai maiali, quelli veri.

I maiali veri, dicevo, quelli che, del tutto permeati dagli stereotipi di genere, lasciano che una donna si faccia carico di tutto il fardello che la gestione di una casa e di una famiglia possa comportare.

La Signora Maialozzi in casa svolge qualsiasi compito: cucina, lava, stira, rassetta, per poi uscire per andare a lavorare e, al ritorno, cucinare, lavare, rassettare. Giorno dopo giorno. Il volto della donna, che è anche la mamma di due bambini, si sforma, diviene un anonimo ovale, perde i propri tratti e la propria personalità, va via via disfacendosi, rischia di annullarsi. Il marito e i figli dal canto loro danno tutto per scontato e nemmeno si accorgono del proprio egoismo, del loro assomigliare a dei maiali. Fino a quando la Signora Maialozzi si stanca e va via lasciando un biglietto: “Siete dei maiali.” Senza patemi, senza punti esclamativi. È un dato di fatto, e punto.

D’altra parte avvisaglie ce n’erano state sia della desolazione che avvolgeva la mamma, sia dell’attitudine porcina: sul pomello della porta spuntano narici e grugno. Il vaso da fiori ha un musone grigio/rosa stupito. Le maioliche ritraggono dei deliziosi maiali simmetrici. Persino le prese della corrente, le spille, li ricordano. E questo quando la mamma è ancora in casa a sfaccendare o appena andata via. Quando decide di non tornare la metamorfosi è completa e investe anche gli esseri animati (cane incluso). I tre porcelli, rimasti soli, si rivelano incapaci di badare a loro stessi e di avere cura della casa che diviene, giro pochi giorni, un porcile.

Non so se per fame, non so per arrendevolezza o per effettiva consapevolezza alla fine i tre si piegano alle condizioni materne: se vogliono che la mamma torni a casa devono collaborare. Tornata l’armonia anche la mamma può ritrovare la propria, riconquistando anche un volto ben definito e sorridente.

Le tavole illustrate dello stesso autore del testo, Anthony Browne, hanno un ritmo proprio che investe la narrazione testuale: giallo ocra quando la protagonista narrante è la madre, a sottolinearne solitudine e compostezza, colori brillanti e a tratti chiassosi, quando narrano del padre e dei figli. Sempre sorridenti le tre controparti mutano umore e tono quando la madre va via (allegorica anche la scomparsa della donna dal quadro con scena bucolica sul camino) per piombare in un buio triste e foriero di pessimi presagi (deliziosa l’ombra del lupo che si fa contorno netto sulla finestra). Quando la madre ritorna in scena agisce da luce, alba di un tempo nuovo, e da luce illumina tutto, inclusi i tre porcelli, restituendo loro un incarnato roseo affatto spento.

Un albo che consiglio vivamente del quale solo la tavola finale mi ha poco convinta: la mamma che finalmente può dedicarsi a faccende maschili (aggiustare la macchina) mi sembra un passo indietro, un vanificare il lavoro e i sacrifici fatti per annullare la distanza tra ruoli e generi sottolineando che ci sono cose prettamente maschili e prettamente femminili. Sebbene possa invece attestare esattamente il contrario e la mia possa essere un’impressione derivata dal felice effetto narrativo senza sbavature e inciampi cui tutto il resto del libro mi aveva abituata.

Età di lettura consigliata: dai 5 anni.

Recensione tratta dal sito AtlantideKids.