PIUME DI DRAGO
Sara Boero
Piemme, 2007

L’indizione, da parte della Casa Editrice “Il Battello a vapore”, di un concorso volto a promuovere la lettura nelle scuole, ha dato occasione a me ed ai miei alunni di saggiare una tipologia di lettura abbastanza insolita per me, che preferisco prepararmi e conoscere i testi in anteprima e poi narrarli. Ho deciso insomma di scoprire leggendo loro, e insieme a loro, un romanzo che nessuno conosceva, e l’occasione ce l’ha offerta appunto questa casa editrice regalandoci “Piume di drago”, di Sara Boero.

Innanzi tutto, la copertina. L’accattivante sfondo blu cobalto, su cui si profilano due sagome di adolescenti -lei, coi capelli rosso fiamma che salgono verso il cielo come onde; lui, di cui si scorge a malapena il naso, tanto è infagottato e protetto da bavero e cappello nero- ci avevano intrigato sin dal primo momento in cui ci hanno portato in classe il romazo. Inoltre, ad accentuare la nostra curiosità, è stato quel piccolo drago volante stagliato contro una grande luna piena che completa lo sfondo dell’immagine. Nessuno di noi, però, aveva notato una cosa – già, la luna, i capelli ed i profili sono distrattori notevoli-….sulle spalle del ragazzo è seduto un gatto. Rosso. Verticale. Pare quasi un gilet, tanto aderisce a lui.

In poche mattine si è compiuta l’opera di letture e di ascolto di “Piume di drago”. La trama pian piano si è dipanata davanti ai nostri occhi in un crescendo di curiosi dettagli, rivelazioni via via sorprendenti, e intense. Sappiamo sin dall’inizio che la narratrice è Carolina, la “sorella piccola” del protagonista principale, Diego, il quale vive da anni con l’unica parente che ha, nonna Angela. Rimasto orfano da bambino e divenuto un adolescente timido ed impacciato, Don Diego –così viene chiamato da tutti per via della sua predilezione per il nero costume di Zorro, indossato per anni ad ogni carnevale- scopre molto presto nella sua giovane vita che Angela è malata: ha il morbo di Alzheimer. Ecco, il romanzo è tutto qui: la storia di un legame strettissimo, vitale e vivace che lega due mondi così lontani come un adolescente ed una nonna che, pur essendosi sempre distinta –a detta di tutta la comunità – per le sue imprese “truffaldine” (si sospetta che la sua grande ricchezza derivi da furti ben congeniati) ed il suo spirito intrepido, ora si sta spegnendo, e non vuole cedere.
Raccontare ai bambini cos’è l’Alzheimer ha richiesto un tempo e un metodo, sensibilità e comprensione. Mi sono stupita di quanto sapessero di questa malattia. Loro stessi sono diventati gli autori di racconti vissuti in prima persona per via di un nonno, uno zio della mamma, un vicino o una vicina di casa. L’empatia verso questo problema era palpabile, in aula. La cosa più bella: ascoltare le loro voci colme di affetto. Perchè i bambini sono così, come Don Diego: alleati e complici di coloro che li hanno in cura, che li difendono, che li amano.

La nonna sta perdendo la memoria e si sostiene rafforzando sempre più un’unica idea fissa: costruirsi un paio di ali. Per volare dove? Ma naturalmente su una stella spenta, lontana milioni di anni luce, un astro di carbonio che contiene il diamante più luminoso dell’Universo. Ovviamente le ali necessitano di soffici piume. Ecco allora che si innesca, per Angela, Diego e Carolina, l’urgenza di recarsi, ogni ferragosto, a Londra. Perché solo nei giardini di Kensington vivono le colonie di cigni che d’estate, durante il cambio del piumaggio, lasciano migliaia di soffici piume sul terreno. Le ali porteranno Nonna Angela su quella stella, e quel diamante, un giorno, potrà essere suo.

L’affetto che lega Diego ad Angela è struggente: da anni accompagna, insieme a Carolina, la nonna ai giardini di Kensington, proprio quelli in cui Peter Pan la fa da maestro. Lì il tempo si ferma, si fissa intorno all’ostinazione con cui il ragazzo regge il gioco all’anziana donna pur di renderla felice e non contrastarla nel portare avanti quello scopo, apparentemente assurdo, che è l’unico che le resta: volare via.

Naturalmente non mancano, nel romanzo, altri eroi che si fanno avanti, ad esempio Andrea, una studentessa che Diego e Angela incontrano durante una visita alla Torre di Londra. Fiera, rossa di capelli e volitiva quanto Angela, la ragazza assume per Diego la figura vivente, concreta, di un’immagine di cui si è innamorato tanti anni prima, la rossa Josephine del celebre quadro do Toulouse- Lautrec.

La timidezza di Diego e le pulsioni del primo vero innamoramento si intrecciano così alle vicende che vedono i due giovani impegnati, un po’ per gioco, un po’ per spirito investigativo puro, a cercare la verità sul misterioso ritrovamento in un magazzino del British Museum di un drago in miniatura, splendidamente conservato in un vaso di vetro. Come Diego, anche Andrea sostiene e coinvolge nella ricerca la nonna, le cui folgoranti intuizioni e la capacità di vedere “al di là dello specchio” aggiungono significato e scopo ad una vacanza che anno dopo anno diviene sempre più complicata per Angela ed il nipote.

Il romanzo si conclude con il rientro in Italia di tutti i personaggi, tranne la nonna. Grazie ad un imprevisto, la donna incontra un amico di vecchia data che, riconoscendo lo stato di salute dell’anziana donna, la incalza a partire per l’Alaska, terra di assoluto biancore e luce, insieme a lui.
Andrea e Diego riprenderanno a frequentare l’università, e un giorno decidono di rivedersi per lungo tempo a venire. La nonna non c’è più, scrive solo cartoline piene di allegria e di buonumore. Ha finalmente trovato la sua luce e questa sua pace riesce a rendere più accettabile a Diego l’inevitabile tristezza dovuta alla sua perdita.

“Piume di drago” ha rappresentato un esperimento dall’esito molto positivo per me ed i miei ragazzi. Oltre allo humour –la nonna è caratterizzata come una forza della natura dotata di un ottimismo inossidabile che a volta sfiora il cinismo- il romanzo riesce ad avvicinare i più piccoli alle complessità e alle fragilità dell’età adulta presentandoli come spettacolare materiale di narrazione. L’immaginazione visionaria di Angela è il motore che spinge i personaggi a definirsi e a svilupparsi. Angela è, nonostante la malattia, colei che ci porta a “vedere oltre” i muri della paura e del pregiudizio. Ma il romanzo non si ferma qui. Sara Boero ci regala un ultimo colpo di scena. La narratrice –che noi tutti pensavamo essere la sorella minore di Diego- è, in realtà…la sua gatta. Ecco allora spiegato il perché –mi dice d’impulso Davide- rimaneva sempre in albergo! Ecco il perché – alza la mano Sabina per dirlo- va in braccio all’amico della nonna! Ecco perché…ecco. Splendido finale davvero. Chi narra è la confidente, l’amica, la “sorella” di Diego: la sua gatta Carolina. Attraverso questo felice espediente, i miei alunni hanno capito, sperimentando “in diretta” attraverso la mia lettura ad alta voce di questa storia, chi sia l’autore e chi può essere il narratore di una storia. Insieme abbiamo commentato che il “punto di vista” di un racconto può appartenere a chiunque, anche a un gatto, ma non è mai identificabile con l’autore. E così, a romanzo concluso, è stato bello ripassarne ancora alcuni passi salienti, là dove potevano esservi accennni alla vera identità della nostra narratrice a quattro zampe. Fino all’ultimo, hanno detto, siamo tutti Sherlock Holmes.

Età di lettura: dai 10 anni.