TONJA VALDILUCE
Maria Parr, ill. di Åshild Irgens, trad. di A. Tonzig
Beisler, 2015

Neve e bosco, vento che odora di pino e di abete e silenzio: questa è Val di Luce, un luogo sperduto e magico. Inoltrandosi nella valle si incontra la fattoria dove vive Tonja, l’unica bambina del luogo. Il suo papà fa il contadino mentre la mamma, biologa marina, è spesso via per le sue missioni. Poco lontano, la casa di Gunnvald, il suo grande amico. Una strana coppia, perché Tonja a Pasqua festeggerà un compleanno tondo, 10 anni, mentre Gunnvald, scontroso e ruvido come un troll, ne ha 74. Ma poco importa la differenza di età, loro due stanno bene insieme, si proteggono e si prendono cura l’uno dell’altro e poi, per le vacanze invernali, hanno grandi progetti: realizzare e sperimentare uno slittino da corsa con cui arrivare, scivolando nella neve, fino al mare.
Difficile non affezionarsi a questa ragazzina libera e spericolata, dal cuore grande e dalla risposta facile. Coraggiosa e caparbia, anche quando il dolore la ferisce profondamente sa trovare la forza di guardare le cose così come sono, sa trovare i gesti, le parole e i silenzi per medicare il suo cuore e riavvicinarsi a Gunnvald, al quale non riesce a perdonare il segreto che le ha nascosto. Sono pagine struggenti quelle che ci mostrano la sua delusione e il contrasto di sentimenti che combattono, o meglio fanno a pugni dentro di lei.
La penna di Maria Parr è davvero felice perché sa raccontare la gioia, la spensieratezza, la rabbia e il dolore con la stessa levità. Non è facile racchiudere in poche battute tutto il mondo di Val di Luce, difficile fare una sintesi della ricchezza di emozioni e sentimenti; o raccontare degli sguardi sulla natura o della musica che è spesso sotto traccia alla narrazione o ancora dei silenzi dolenti che percorrono la storia. Se con il suo primo romanzo Cuori di Waffel Maria Parr ha ottenuto molti riconoscimenti, sicuramente saprà conquistare molti lettori anche con Tonja Valdiluce per lo stile genuino, il ritmo vivace della storia, la sottile ironia e soprattutto per lo sguardo affettuoso con cui sono costruiti i suoi personaggi.
(recensione a cura di Paola Bartolina, tratta da Liber # 210)